11 agosto 2017

ARCHITETTURA, NATURA e... FANTASCIENZA: PETRA

ARCHITETTURA, NATURA e... FANTASCIENZA: PETRA

Se siete amanti dei vini di Suvereto, delle più moderne tecniche di vinificazione con attenzione al territorio e dell’architettura contemporanea d’avanguardia, non potete rinunciare ad una visita alla cantina Petra.

Già la vista dalla distanza non può lasciare indifferenti (e infatti non ha lasciato indifferenti neanche gli abitanti della zona, divisi tra chi la vede di buon occhio e chi come una deturpazione): Petra sembra il monumento di una civiltà ignota adagiato ai piedi del bosco; qualcosa di alieno e arcaico, che ci parla al tempo stesso di futuro e passato.

IL PROGETTO

La cantina è opera del famoso archistar Mario Botta che, tra il 2001 e il 2003, per volontà della famiglia di industriali bresciani Moretti, ha dato vita a un sogno, quello di Francesca, figlia del fondatore, folgorata dalla passione per il vino durante un viaggio nel Bordolese quando aveva quattordici anni. Nel video di presentazione Botta definisce la cantina un’opera che ha l’obiettivo di integrarsi perfettamente col territorio, un’opera che vuole essere sintesi tra passato presente e futuro. La definisce una cantina dai connotati ancestrali, legati alla capacità dell’uomo di estrarre dalla terra un’essenza straordinaria che nutre il corpo e lo spirito, trasformando il prodotto della vigna in vino. E’ sempre Botta a parlare della cantina Petra anche come qualcosa che vuole dare l’impressione di essere stato calato dall’alto, quasi un manufatto extraterrestre.
Futuristica e comunque legata al territorio nell’aspetto esteriore, ma decisamente attenta alla tradizione anche nella lavorazione delle uve, che attinge al meglio delle conoscenze enologiche del passato utilizzando però tecniche e criteri moderni, come durante il video si apprende dagli stessi Vittorio e Francesca Moretti. La cantina è stata fortemente voluta da Francesca con un obiettivo ben preciso: creare vini legati alla personalità del terroir. Territorio e vini amati già due secoli prima da Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone, che qui fece arrivare i primi vitigni bordolesi in tempi non sospetti.

LA VISITA DELLA CANTINA

La visita, il cui costo non è indifferente (35 euro a persona), si articola in 3 momenti: il primo si svolge all’esterno e consiste in una presentazione generale della cantina, della sua particolare struttura, della famiglia e della zona di produzione; il secondo, all’interno, comincia con la visione di un video e continua il percorso con una i spiegazione dettagliata delle varie fasi di vinificazione, dalla vendemmia all’imbottigliamento; infine il terzo momento della visita è rappresentato dalla degustazione di 3 dei vini dell’azienda, tra cui il vino di punta, il Petra, abbinati a piccoli stuzzichini decisamente piacevoli.

La cantina segue una conduzione biologica seppur non ancora “certificata”. La struttura si articola in verticale, per sfruttare il più possibile la gravità, a significare che l’uomo non deve imprimere al processo produttivo del vino una forza che la natura già offre. Le uve arrivano dall’alto e vengono trasportate direttamente, dopo la diraspatura, nei tini di fermentazione, dove molte attività, come la follatura e gran parte della vendemmia ad esempio, vengono svolte a mano. Suggestivo il percorso lungo la filiera di produzione che ci porta all’interno del cuore della cantina, nella barricaia, all’interno della quale temperatura ed umidità sono regolate dalla terra stessa. Questo luogo di grande impatto visivo nasconde infine, nella parte più celata, una parete di pietra, testimonianza tangibile della conformazione del territorio: strati evidenti di argilla si alternano a venature di ferro (siamo nelle Colline Metallifere), e minerali, donando al vino una mineralità che lo rende fragrante e gustoso.

LA DEGUSTAZIONE

Giungiamo quindi infine alla degustazione. Abbiamo assaggiato il Balena, Viogner affinato in legno, dal bouquet piuttosto complesso con note di cedro e frutti esotici, sentori di salvia, lavanda e fiori di sambuco che si aprono in bocca freschi ed eleganti, lasciando un retrogusto decisamente sapido e minerale che invita a un altro sorso.

Passiamo al secondo vino il Colle al Fico, Syrah in purezza che svolge fermentazione malolattica in legno e viene affinato sempre in legno per 18 mesi. E’ un vino potente e accattivante, molto rotondo e dalle note speziate ammorbidite dal legno, forse troppo legno secondo il nostro gusto.

Come ultimo vino abbiamo degustato il Petra 2013. Si può dire, certo, che assaggiato oggi richiede ancora qualche anno di affinamento in bottiglia (soprattutto riguardo ai tannini, fini ma un po’ mordaci) ma è comunque uno di quei vini emozionanti e ben fatti, di piacevole beva e decisamente piacevoli al palato che si apprezzano anche quando ancora giovani.

CONCLUSIONI

Sarà stato un certo pregiudizio nei confronti della tendenza di molte grandi aziende toscane a fare vino con un occhio troppo rivolto al business, fatto sta che in tutta sincerità non mi aspettavo che avrei apprezzato così tanto la visita di questa cantina. In conclusione, nota costo della visita a parte, forse un po’ alto, mi sentirei di consigliarla davvero a tutti. Un piacevole viaggio tra passato, presente e futuro, tra modernità e tradizione, tra architettura, natura e... fantascienza.

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