FisarOnTour: Nelle terre dell’Albana
Ore 8 in punto, il pullman è già al completo, tanta è la voglia di scoprire l’Albana e le terre nelle quali questo vitigno viene coltivato da secoli. È nel suo habitat naturale, infatti, che esprime le sue caratteristiche migliori e diventa protagonista dell’unica DOCG della regione.
Si parte alla volta della Romagna, accompagnati da una leggera nebbia che circonda le piantagioni di alberi da frutto. Strada facendo la pianura lascia il posto a lievi pendii e le distese di kiwi sono adesso intervallate da filari di viti e da olivi. Le lievi pendenze si inclinano ancora di più, e ci rendiamo conto che il territorio sul quale ci stiamo spostando ha una storia molto antica da raccontare.
Siamo arrivati alla nostra prima meta: la Cantina San Biagio Vecchio. Questa azienda agricola di circa 11 ettari si trova a pochi chilometri da Faenza, sulla sommità della collina romagnola dove sorgeva la chiesa di San Biagio Vecchio, a circa 200 metri sul livello del mare. Dalle sabbie di origine pleistocenica, alle argille rosse ricche in ferro, alle argille calcaree, il terreno è un mosaico di suoli differenti ciascuno dei quali dona caratteristiche diverse al vino.
Ci accoglie Lucia che, insieme al marito Andrea, si prende cura delle vigne di San Biagio Vecchio. Qua vengono coltivate esclusivamente varietà autoctone: Albana, Trebbiano romagnolo, Malvasia aromatica di Candia per quanto riguarda le uve a bacca bianca, Sangiovese e Centesimino per le uve a bacca nera. È proprio nei terreni intorno alla Torre medievale di Oriolo che storicamente si coltivava quest’ultima. Fino agli anni Quaranta del Novecento era un vitigno che si pensava estinto a causa della fillossera, ma fu rintracciato all’interno del cortile di un palazzo nobiliare nel centro di Faenza di proprietà di un negoziante soprannominato Centesimino, lontano dalle campagne e dal temibile afide, dove era stato coltivato a pergola e veniva utilizzato come riparo dal sole. Recenti analisi genetiche, che hanno portato alla sua iscrizione nel registro nazionale delle varietà di vite nel 2004, hanno permesso di identificare nel Sangiovese e nel Moscato Violetto i genitori del Centesimino.
Dopo un giro tra i filari dai quali si gode di una bellissima vista della Torre dell’Oriolo, Lucia ci accompagna nella cantina che hanno ricavato dal vecchio fienile, “dove – e qui cito testualmente –passano il 2% del tempo”. Infatti, la filosofia di San Biagio Vecchio è quella che per produrre buoni vini occorre avere cura della vigna e del terreno dal quale crescono. Per questo motivo è poco il tempo speso in cantina, le fermentazioni sono spontanee e l’utilizzo della solforosa è ridotto al minimo. Il vino viene conservato in contenitori di cemento e di acciaio, ma soprattutto di vetro, come vuole la tradizione romagnola; assente l’utilizzo del legno. Anzi, giurerei di aver visto delle bellissime fioriere all’ingresso della cantina fatte con quelle che un tempo dovevano essere botti di legno.
Ma la visita non sarebbe completa senza l’assaggio di quello che Lucia e Andrea ci hanno raccontato; ci accomodiamo quindi nella sala dove ci attende un goloso tagliere di affettati e formaggi locali, e diamo il via alla degustazione.
Partiamo, inaspettatamente, da un rosso: il primo vino è infatti PorcaLoca! – Romagna DOC Sangiovese superiore 2023, un Sangiovese in purezza sottoposto ad una breve macerazione, che sprigiona un ampio bouquet floreale, si presenta quasi completamente privo di tannini ed è dotato di una buona spinta acida.
Il Cacciabruco – IGT Ravenna Bianco 2022, composto da Trebbiano e Albana, con un 20% di Malvasia che viene prima macerata sulle bucce per una settimana, ci regala delle piacevoli note di frutta a polpa gialla e di macchia mediterranea, con accenni di erbe aromatiche.
SabbiaGialla 2022 è un’Albana in purezza di un colore giallo dorato, tipico colore che l’Albana assume quando è sottoposta ad invecchiamento. Al naso le note sono di frutta a polpa gialla, quasi di mela cotogna, e di fiori di ginestra. Ma è in bocca che accade l’inaspettato: un vino fresco, sapido, minerale e con una buona persistenza aromatica, che accarezza la bocca grazie alla leggera presenza di tannini.
MonteTarbato – IGT Ravenna Centesimino 2022 racconta le caratteristiche di questo vitigno da poco riscoperto, con note di rosa e di frutti di bosco, unitamente a note speziate, davvero interessante!
Anforghettabol 2022, prodotto da uve surmature lasciate macerare in anfore georgiane per quasi un anno, è un’altra espressione dell’Albana: al naso ci regala note di frutta secca, di fichi, di noci, di datteri e di frutta disidratata, mentre in bocca si conferma un vino di buona acidità e sapidità.
È arrivato il momento di spostarci verso le colline imolesi dove Jacopo ci attende presso l’azienda agricola Giovannini, che dai suoi 150 metri di altitudine domina la vallata che giunge fino al mare. Alle vigne dell’azienda, che conta 23 ettari di terreno, sono garantite ventilazione costante e notevoli escursioni termiche e, grazie alla loro esposizione prevalentemente a sud-est, tanta luce solare.
Anche in questo caso l’attenzione al territorio e alla biodiversità sono i pilastri su cui si fonda l’attività di Jacopo e della sua azienda. Visitando la moderna cantina, dove vengono portate le uve rigorosamente raccolte a mano, la prima cosa che salta all’occhio e che ci incuriosisce sono le grandi anfore georgiane che vengono utilizzate per la fermentazione delle uve Albana.
Un pranzo a base di prodotti locali è la cornice perfetta per la degustazione dei prodotti di questa cantina. Si parte con Oppalà, un Trebbiano romagnolo rifermentato in bottiglia dopo un anno di fermentazione in cemento, un vino dagli aromi fruttati e con accenni di lievito al naso.
Segue Gioja – Romagna Albana DOCG 2023, Albana vinificata senza contatto con le bucce che sprigiona note di frutta gialla accentuate dalle forti escursioni termiche che hanno caratterizzato l’annata che stiamo bevendo.
Il secondo vino a base di Albana è 8000 – Romagna Albana DOCG 2022, qui entrano in gioco le anfore georgiane, dove il vino viene fatto macerare per una ventina di giorni e dove, una volta rimosse le bucce, resta ad affinare per 9 mesi, periodo durante il quale acquisisce complessità e struttura. La sua ricchezza la ritroviamo nel bicchiere: la frutta gialla che sentivamo anche nel precedente assaggio si fa più matura, compaiono l’albicocca, l’ananas e l’eucalipto, che conferisce un sentore balsamico. Il sorso, come per il precedente vino, è molto caldo e fresco, caratterizzato da una buona rotondità.
Il GGG – Romagna Albana DOCG 2022 è un’ulteriore interpretazione dell’Albana: questa, infatti, dopo una breve macerazione di 5 giorni affina per 15 mesi in cemento e 8 in bottiglia. Nel bicchiere si presenta di un giallo quasi aranciato, con le note di frutta gialla matura che abbiamo iniziato a conoscere alle quali si aggiunge una fresca nota di miele.
Chiude la batteria Giogiò – Sangiovese IGP, un vino rosso rubino dai riflessi porpora, dalle note fruttate di ciliegia e mora, e da una buona consistenza in bocca.
Il pullman ci attende, e lungo la strada del ritorno abbiamo la possibilità di ripensare a quanto abbiamo imparato sull’Albana e sulle zone nelle quali viene prodotto. Un vitigno rappresentativo del territorio in cui cresce, che produce vini potenti, dai colori intensi che tendono ad intensificarsi con il tempo; sono infatti vini con un buon tenore alcolico, tannici e con una buona acidità, e si può certamente affermare che l’Albana rientra nei grandi bianchi italiani da invecchiamento.
Io sono pronto per la prossima gita, e voi?
Alessandro Scarselli
Curioso da sempre, sommelier dal 2023. Aspirante degustatore e assiduo frequentatore di eventi. Il mio obiettivo: raccontarli tutti. È una missione impossibile? Non lo so, ma cercheremo di scoprirlo insieme.