10 ottobre 2017

Il Jura, o delle cinquanta sfumature di marna

Il Jura, o delle cinquanta sfumature di marna

A un quarto d'ora dall'inizio la sala è già piena, quasi tutti i posti occupati, e c'è un'aria di festosa eccitazione, da primo giorno di scuola: siamo alla ripresa dopo la pausa estiva delle serate d'approfondimento e per molti è l'occasione di ritrovarsi.
Io, che sono nuova e non conosco nessuno, osservo tutto con gli occhi della curiosità: i bicchieri disposti lungo i tavoli immacolati, i sommelier che mettono a punto gli ultimi dettagli prima di cominciare.

Mi seggo in ultima fila, e si parte: siamo qui per conoscere i vini del Jura, a lungo considerati figli di un dio minore nel magnifico panorama vinicolo francese,  oggetto di riscoperta, grazie al lavoro degli ultimi decenni di vigneron appassionati e consapevoli.

Ci attende la degustazione di 7 vini paradigmatici di questa regione, che in alcuni casi sfideranno le nostre papille e le nostre certezze, in altri ci lasceranno perplessi, susciteranno discussioni accese fra i tavoli, e certo non ci lasceranno in nessun caso indifferenti.

Il Jura è un piccolo dipartimento della Franche-Comté ai confini con la Svizzera: i vigneti si sviluppano a ridosso del massiccio montuoso omonimo, che influenza un clima di tipo continentale-alpino, dove si alternano inverni rigidi e primavere a rischio gelate ad estati soleggiate ma molto piovose.
Proprio quest’anno una gelata primaverile ha causato la perdita del 70% delle uve.
Sette AOC per cinque vitigni: Chardonnay, Poulsard, Trousseau, Pinot noir, e soprattutto, Savagnin, che elaborato in purezza regala il Vin Jaune, vero emblema di questa regione. La produzione risulta abbastanza frammentata: ogni vigneron si cimenta con l’elaborazione di tutti i vitigni.



La brava Anna Paola Coppi, ci accompagna fra montagne e laghi da cartolina,  scendiamo a vedere un sottosuolo formatosi 200 milioni di anni fa, e conosciamo le sue preziosissime marne, all’origine delle caratteristiche peculiari dei vini qui elaborati (per rigore di cronaca, diamo a Leonardo Finetti il merito di aver inventato l'espressione 50 sfumature di marna da me proditoriamente ripresa nel titolo). Visitiamo una cantina ricavata da un monastero medievale e alla fine del viaggio facciamo conoscenza con un piccolo gruppo di vigneron con la voglia di lavorare bene, in campo e in cantina, animatori di un vero e proprio rinascimento vinicolo della zona. Le parole biologico e biodinamico ritorneranno spesso nella successiva degustazione a indicare un loro preciso approccio di rottura con un passato in cui veniva praticata un'agricoltura non particolarmente rispettosa del suolo.
La discontinuità col passato non è segnata solo dai sistemi di coltivazione, ma soprattutto dallo stile dei vini, oggi non necessariamente elaborati con la vinificazione ossidativa in botte scolma.

La Degustazione

Guidati nel percorso degustativo da Leonardo Finetti, partiamo con un Crémant du Jura Brut Domaine Pignier  100% Chardonnay: affina sui lieviti dai 12 ai 18 mesi, corpo leggero, sentori dolci di pan brioche, una beva piacevole e poco impegnativa.

L’Arbois Chardonnay Léon 2015 Les Bottes Rouges inizialmente risulta un po' chiuso (migliorerà nell’arco di tempo della degustazione),  grasso in bocca, note di curry e zafferano nel finale.

Passiamo a un Poulsard (o “Ploussard” come viene localmente chiamato), la varietà a bacca rossa più coltivata nel Jura, l’ Arbois-Pupillin Poulsard 2015 Domaine de la Renardiere, vino sottoposto a fermentazione e macerazione semicarbonica a grappolo intero in acciaio e passaggio successivo in legno per un anno. Per colore e trasparenza ci lascia meravigliati, fruttato e sorretto da buona acidità.

Arriviamo a quello che sarà riconosciuto all'unanimità il miglior vino della serata, l'Arbois Selection 1993 Tissot, Chardonnay e Savagnin vinificati separatamente che fermentano per 9 mesi in botti di rovere prima di essere assemblati e fatti affinare "sous voile" per 15 mesi. Se la complessità avesse un nome potrebbe essere quello di questo vino. Ventiquattro anni portati splendidamente, buona acidità, note di frutta secca e inebriante speziatura.

E’ il momento di degustare i famosi Vin Jaune, e possiamo testarne ben due, L'Etoile Vin Jaune 2009 Domaine de Montbourgeau e Château-Chalon 2009 Domaine Berthet-Bondet: ovviamente stesso vitigno, Savagnin 100% come da disciplinare, stessa annata, 2009. Entrambi ricchi in bocca, con caratteristiche note di ossidazione, lunghi nel finale. La voce del popolo incorona Château-Chalon come il migliore (ci piace vincere facile...).

Il vino misterioso arriva nei bicchieri a temperatura un po' elevata, circostanza certamente penalizzante: con gran sorpresa di molti, che forse gongolavano nell'idea che potesse essere un Macvin du Jura (sigh!), viene presentato uno spumante da Gamay e Poulsard in pari percentuale, Bugey-Cerdon Méthode Ancestrale Récolte Cécile Philippe Balivet, grado zuccherino importante e poco alcolico (7%), insolito e forse non calibrato sui gusti della platea.

Cosa abbiamo imparato

Sono state due ore intense, abbiamo conosciuto una regione vinicola posta al di fuori delle solite rotte degli appassionati e assaggiato vini che non sempre hanno convinto ma che certamente ci hanno regalato un punto di vista diverso, non sempre facili ne' perfetti, ma con un carattere precipuo inconfondibile.
L'esperienza è conclusa, tutti sono di nuovo in piedi e le discussioni su carattere e valore di quanto degustato infiammano ancora i presenti, creando opposte fazioni: il dibattito è aperto, prova di quanto la serata sia stata interessante per tutti.
Saluto i miei vicini di banco con cui alla fine ho  rotto il ghiaccio, mi faccio strada verso la porta con la sensazione di essere entrata di soppiatto in un mondo che non è ancora mio del tutto, sguscio via dall’ allegro baccano, mi richiudo la porta alle spalle. Mi volto a guardare da fuori la sala illuminata e chiassosa. Questa è stata la mia prima degustazione ufficiale, la prima delle tante a venire.

Valentina Pizzino
Valentina Pizzino

Nata a Firenze da una famiglia di astemi, non ha mai dubitato che nelle sue vene scorresse Chianti Classico. Lavora fra i libri, ma gli scaffali che preferisce sono quelli delle enoteche. Il suo centro di gravità permanente è sempre ruotato attorno a una bottiglia.

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