1 marzo 2022

L’altra faccia della meraviglia: lo stato d’animo Crémant

L’altra faccia della meraviglia: lo stato d’animo Crémant

In tempi di profonde scissioni in ogni campo del vivere umano, ci sono poche cose in grado di raccogliere unanime consenso e plauso universale.

Senza scomodare i massimi sistemi e restando nel nostro piccolo mondo di appassionati enofili, direi che una di queste è certamente rappresentata dagli spumanti. Metodo Classico, Ancestrale o Charmat non esiste spumante che negli ultimi anni, non abbia conosciuto una crescita esponenziale  nella produzione e commercio nonché nel consumo.

Nemmeno la peste degli anni venti del Duemila, che ha paralizzato  e cambiato il mondo intero così come fino ad allora lo avevamo conosciuto, è riuscita a mettere in crisi il comparto delle Bollicine, sia italiane che d’Oltralpe.

Il motivo è presto detto, e non serve scomodare la psicodinamica: nessun altro vino come uno spumante è in grado di catapultarci nel sogno. Si bevono spumanti per festeggiare eventi importanti, per mettere un segnalibro ai ricordi più belli, per sentirsi sofisticati. Perché hanno stoffa e brio preclusi ad altri vini, per la freschezza aromatica e, in molti casi, la piacevole facilità del sorso. Per questi e mille altri motivi più o meno tecnici, ma tutti ugualmente validi nella scelta del consumatore: principiante, neofita, colto o appassionato, nemmeno questo rappresenta una discriminante. Per  ogni palato, una bollicina, più o meno complessa, il mondo degli spumanti è, insospettabilmente, democratico, grazie alla varietà nell’offerta di vini diversamente elaborati. Dall’umile ombra de vin veneta, spesso declinata da prosecco di poche pretese, allo Champagne millesimato, la distanza è molta, ma la famiglia resta la stessa: quella degli spumanti.

Non desta stupore quindi, che non solo la degustazione sui Crémant francesi, curata da Aldo Mussio, abbia visto esaurire tutti i posti a disposizione in 35 secondi, ma che sia stata necessaria la pianificazione di 4 serate, tutte ugualmente al completo in pochi minuti, per placare la sete di conoscenza di un mondo finora poco conosciuto ai più.

Cos’è un Crémant?

Didascalicamente, è uno spumante, prodotto secondo il metodo tradizionale, e con regole specifiche, stabilite da un regolamento comunitario del 14 luglio 2009.

Conditio sine qua non per avere la carta d’identità in regola:

Prima fermentazione dei vins clairs in vasca e presa di spuma in bottiglia, con conseguente seconda fermentazione. Almeno nove mesi di affinamento obbligatorio.

Separazione dalle fecce mediante sboccatura.

Ulteriori restrizioni sulla raccolta delle uve, sui criteri di elaborazione e sulle tempistiche di immissione in commercio, garantiscono e tutelano la qualità dei Crémant a denominazione.

La Fédération Nationale des Producteurs et Élaborateurs de Crémant fondata nel 1982, riunisce le 8 denominazioni autorizzate, con l’obiettivo di regolamentare la produzione, tutelare e rappresentarne l’immagine nel mondo, promuovere iniziative che incrementino la conoscenza del prodotto.

C’è da dire che svolge bene il proprio compito, se il 2018 è stato l’anno dei record per  qualità, produzione e vendita dei Crémant. Il lieve decremento del volume d’affari, frenato dalla pandemia, ha già subito un’inversione di rotta, con la ripresa dei consumi della fine del 2021. E se le vendite estere hanno subito un, lieve, rallentamento, il consumo interno di Crémant è sempre rimasto invariato: molto apprezzato, valorizzato da vigneron che credono fortemente nel proprio lavoro, spunta (nel mercato francese) prezzi decisamente interessanti anche per il consumatore medio (10 euro la media di una buona bottiglia).

Sono davvero molte le ragioni che invogliano alla scoperta dei Crémant, e altrettante ne ritroveremo nel bicchiere, che non mente mai.

Otto AOC per otto regioni, dunque. Potevamo non scoprirle tutte?

La Degustazione

Domaine J. Laurens - Crémant de Limoux La Rose No. 7 Rosé Brut

Questa è una storia che viene da lontano, e comincia oltre un secolo prima che venga alla luce un certo Pierre Pérignon, monaco benedettino le cui imprese legate alla nascita del metodo classico più famoso nel mondo, sono ben note.

Siamo nel 1531, nelle cantine dell’Abbazia benedettina di Saint Hilaire, tra Limoux e Carcassonne, quando un monaco, rimasto ignoto alla ribalta della cronaca, scopre che un vino imbottigliato e tappato con cura in inverno, con l’arrivo della bella stagione riprende una seconda fermentazione in bottiglia. Bingo. Nasce il primo vino frizzante della storia, la Blanquette de Limoux, elaborata dall’autoctono Mauzac, e siamo a latitudini ben diverse di quelle champagnotte.

Sono solo io a pensare che la morale di tutta questa storia sia che, evidentemente fra l’ordine benedettino e il vino esista un certo feeling? La severa routine dell’Ora et Labora doveva essere più sopportabile con l’aiuto di un buon bicchiere...

Tornando a noi e ad oggi, è nel 1990 che, al fianco delle note Blanquette e Blanquette Méthode Ancestrale, viene ufficializzata l’esistenza del Crémant di Limoux, battezzato con una propria AOC, che prevede l’utilizzo di Chardonnay e Chenin, come vitigni principali, affiancati da Mauzac e Pinot nero, ammessi in percentuali minori.

Attivo fin dagli anni ‘80 del novecento, questo domaine, il cui biglietto da visita proclama “l’arte dell’effervescenza nel Sud della Francia”, consta di un vigneto di 30 ha, condotto secondo i criteri di un’ agricoltura ragionata e sostenibile.

Da suoli argillo-calcarei deriva questo rosé, prodotto per la prima volta nella vendemmia 2007 dall’assemblaggio di Chardonnay (60%),  Chenin blanc (25%) e Pinot noir (15%), vinificati secondo il metodo tradizionale, con una prima fermentazione in acciaio e la seconda in bottiglia, con sosta sui lieviti di 12 mesi, cui segue sboccatura e addizione della liqueur.

La bottiglia trasparente è stata scelta ad hoc per rimandare agli occhi i bei riflessi salmonati di questo rosé.

Fresco, fruttato e agile ci regala un’apertura di degustazione con brio. Discreti ma fini  gli aromi di lampone, ribes e melograno. La mousse carezzevole invita al sorso spensierato di una sera estiva, giocata sul filo orizzontale del mare in lontananza, e un piatto di linguine ai gamberi rossi in tavola.

Reca con sé tutta la leggerezza di un’estate ancora di là a venire in questa fredda serata di gennaio.

Domaine des Huards - Crémant de Loire Initia Brut

Dal Sud fino al Centro della Francia, nel Saumur, dove nel lembo di terra all’incirca compreso fra i Castelli di Angers e Cheverny, si estende la produzione del Crémant de Loire AOC, ufficialmente riconosciuto nel 1975.

Lo Chenin blanc, vitigno iconico della zona, trova la massima espressione grazie alle condizioni pedoclimatiche ottimali per la sua coltivazione, affiancato dal Cabernet franc, prima uva a bacca rossa per importanza nella Regione.

Spesso Loira è sinonimo di  biologico e biodinamico, e da questa regola non sfugge il Domaine des Huards, attivo dal 1846, e focalizzato, dagli anni ‘20 del Novecento, nella produzione di bianchi a base della rara uva autoctona Romorantin.

È sul rassicurante Chardonnay, unito a una piccola percentuale di ugualmente rassicurante Pinot noir che il vigneron Michel Gendrier ha puntato per l’elaborazione dei due Crémant aziendali, di cui Initia rappresenta, non a caso, il prodotto d’ingresso, un brut che sosta sui lieviti per 12 mesi, e conquista grazie alla fresca mineralità e al sorso lungo e asciutto.

Una mousse fine, piacevole costante di tutti gli assaggi della serata, data dalla pressione minore in bottiglia (circa 4,5 atm–18 g/lt  di zucchero anziché 24 g/lt per il tirage) solletica il palato e rimanda ad aromi di bocca giocati su note floreali e agrumate tipiche dello Chardonnay. Sentori gessosi e iodati innalzano di un gradino la complessità di questo Crémant, che si gioca anche la carta di una certa persistenza.

Château Rioublanc - Crémant de Bordeaux Brut Nature

Universalmente nota come terra di grandi rossi, in realtà il Bordolese vanta lunga tradizione anche nell’elaborazione di spumanti, iniziata nel XIX secolo, e coronata nel 1990 da una AOC dedicata.

Prodotti soprattutto nelle zone di Entre-Deux-Mers e Graves, contemplano l’impiego di Sémillon e Sauvignon blanc per i bianchi, e Cabernet, sia Sauvignon che Franc, e Merlot per le versioni rosate.

Più “Girondine” che “Château”, Rioublanc viene fondato all’inizio del secolo diciannovesimo, per arrivare, dopo diversi passaggi di mano, allo stato attuale, una moderna azienda vinicola con 47 ettari di vigneto recentemente convertiti al biologico. Vasta la produzione, che comprende 4 tipologie di Crémant, tra cui l’ammaliante Zéro, che sosta un anno sur lattes.

Zero come manifesto: zero solfiti, zero filtrazioni, zero zuccheri nella liqueur d’expédition. 

Sémillon (50%), Sauvignon blanc (35%), Colombard (15%) ci aprono uno spaccato diverso da quello avuto finora dai precedenti assaggi, dove la presenza di Chardonnay in certa percentuale, unita a vitigni canonici per l’elaborazione di spumanti, ci aveva mantenuto in una certa comfort zone.

Aromi floreali e fruttati immediatamente riconducibili alle uve aromatiche si aprono al naso, insieme a note più evolute di miele biondo e pan brioche.

Verticalità e mineralità sottolineate dalla mancanza di zuccheri nel dosaggio, il palato è carezzato da una mousse particolarmente sottile e cremosa unita ad un corpo che fa presagire la possibilità di abbinamento a tutto pasto.

Si accelera in questo step: più aromi, più struttura, più persistenza.

Il crescendo si fa evidente.

Domaine André et Michel Quenard - Crémant de Savoie Extra Brut

Dalle brezze atlantiche al clima alpino, il passo è breve, alla ricerca del Crémant più giovane della serata, per quanto riguarda l’anno di conio della propria AOC, il 2015.

Stemperato dalla presenza di corsi fluviali da cui spirano brezze dolci, il clima dei pendii savoiardi su cui sono impiantati vigneti, per la maggior parte a conduzione biologica, è ideale per la produzione di spumanti di qualità, grazie alle forti escursioni termiche che assicurano alle uve un ottimo corredo aromatico e spiccata acidità.

Le uve utilizzate per gli assemblaggi sono le autoctone Jacquère e Altesse, cui possono portare contributo minore Chasselas, Chardonnay,  Pinot noir, Gamay.

Il Domaine Quenard si trova a Chignin, nel Parco naturale del Massiccio di Bauges, in un territorio inalterato e silvestre ricco di terrazzamenti, che rendono il lavoro in vigna ostico e inadatto alla meccanizzazione. I 26 ettari di vigneto sono esposti a sud, a favore di una necessaria irradiazione solare: vengono allevate e successivamente vinificate, le principali uve savoiarde, Jacquère, Altesse, Mondeuse, secondo un approccio estremamente rispettoso del terroir e poco interventista in cantina. La ricerca di vini espressivi e fortemente identitari è la priorità, la mèta ampiamente raggiunta.

Prova ne è questo Crémant da Jacquère in purezza, extra brut più negli intenti che nei fatti: i 2,5 g/l di zuccheri presenti nel dosaggio rimandano alla freschezza e all’integrità di beva proprie di un nature.

Aromi vivaci di agrumi e frutta a polpa bianca, note vegetali e minerali di particolare finezza. La mousse regala una piacevole sensazione glicerica al palato. Espressione certa della territorialità ricercata e perseguita come filosofia aziendale. 

Monge Granon - Crémant de Die Brut

L’Auvergne-Rhône-Alpes, regione orgogliosamente composita per terroir quando si parla di vino, consta di una piccola enclave dove i vini frizzanti sono sempre stati i protagonisti indiscussi: narra la leggenda che un pastore gallico avesse immerso nelle acque della Drôme, nei pressi della piccola cittadina di Die, una bottiglia di vino per farla rinfrescare, dimenticandosene fino alla primavera successiva. È stato solo allora che, ripescandola e stappandola si è accorto di come gli zuccheri non svolti, avessero ripreso la fermentazione in bottiglia rendendo il vino pétillant: nasceva il méthode dioise (ancestrale). Questo è mito, ma la realtà colloca qui la produzione di vini pétillant nonché della più famosa Clairette de Die da almeno un paio di secoli: l’ufficialità dell’AOC arriva per la Clairette nel 1942, affiancata nel 1993 da quella riguardante il Crémant. Medesima è la delimitazione parcellare delle due AOC (30 ettari suddivisi fra 31 comuni, piccola e peculiare zona vinicola).

Medesimo anche il vitigno di partenza: la Clairette, oggi affiancata da Aligoté e Moscato in percentuali minori, che apportano aromi tipici.  

Affinato sui lieviti da 1 a 3 anni, questo Crémant in cui la Clairette blanche è preponderante (83%) rispetto ad Aligoté (15%) e Muscat à Petits Grains (2%), si impone al naso per le note fruttate e di mandorla fresca. Il corpo è pieno, piuttosto voluminoso in bocca, con un finale in cui torna l’amarognolo della mandorla. Buona la persistenza. 

Domaine de Montbourgeau - Crémant du Jura Brut Zéro

Denominazione riconosciuta nel 1995, il Crémant du Jura largamente prodotto è il bianco da uve Chardonnay, Pinot noir, Trousseau e Poulsard, con un piccolo contributo dato dal Savagnin (prodotto nel 90% delle aziende vinicole regionali, contro il rosé, che vede la luce solo nel 10% di queste). La zona di produzione afferisce a quelle  di Côtes du Jura, Arbois, Château-Chalon ed Étoile.

Destinato in larga misura al consumo in patria, gioca sugli aromi dati dai vitigni peculiari della zona.

Storia di quattro generazioni di famiglia, il Domaine de Montbourgeau si estende su 11 ettari piantati nell’ AOC Étoile: si pratica una viticoltura sostenibile, seguendo i dettami del terroir. Dalla vigna al vino l’operazione è di accompagnamento, alla ricerca del giusto equilibrio tra tecnicità e rispetto per le uve.

Piuttosto ampia la gamma aziendale, che comprende un unico Crémant elaborato da solo Chardonnay, nell’integralità di un dosage zéro: svolge la malolattica, cui seguono 4 mesi di riposo al freddo, per poi procedere al tiraggio e all’affinamento sui lieviti per un periodo variabile fra 12 e 19 mesi. Sboccatura eseguita con la stessa cuvée di partenza.

La struttura è il vero fil rouge della degustazione, che procede in crescendo, di pari passo con le percezioni aromatiche. I riflessi dorati nel bicchiere rimandano l’immagine di un vino brillante, dalla mousse delicata, fine ma particolarmente persistente. La complessità aumenta al naso, con una ben scandita successione di note floreali e agrumate di pompelmo, frutta secca e oltre, fino ai terziari ben percettibili (crosta di pane e accenni di lievitati dolci). In bocca si confermano le note citriche e una fresca verticalità che invita alla beva più di mille descrizioni.

Sarà che giocarsela con lo Chardonnay in purezza equivale a vincere facile, sarà l’aspetto psicologico di bere un prodotto che per finezza, elaborazione e aromi rimanda istantaneamente il pensiero all’universalmente amata Champagne, sarà tutto quello che ognuno vorrà metterci dentro: resta il fatto che questo è stato uno dei Crémant più apprezzati della serata.

Domaine Barmès-Buecher - Crémant d'Alsace Brut Dosage Zéro 2019

Nel favoloso ottovolante enografico che è diventata questa serata, salire un po’ più su, in alto a destra, alla volta dell’Alsazia, diventa naturale.

Tutt’altro che marginale, l’AOC Crémant d’Alsace raggiunge traguardi importanti: varata nel 1976, rappresenta il 25% della produzione di vino alsaziano, nonché il 50% di quella dei Crémant francesi tutti. Non solo, sono i metodo classico più consumati in Francia, dopo lo Champagne.

Ricco il corredo delle uve che possono concorrere all’elaborazione: Pinot bianco, Riesling, Pinot gris, Chardonnay, Auxerrois, Pinot noir. Ammesso il monovitigno, purché indicato in etichetta.

Strettamente aderente ai principi della biodinamica, il domaine consta di 17 ettari di vigneti distribuiti in sette terroir, di cui 3 grand cru.

Per l’elaborazione dell’unico Crémant aziendale, Maxime Buecher presta particolare attenzione alla maturità delle uve, cui viene fatto sviluppare un grado zuccherino superiore di quello normalmente desiderato per la produzione di spumanti, in modo da evitare qualsiasi zuccheraggio sia del mosto che del vino base per la presa di spuma in bottiglia. Stessa sorte per la liqueur d’expédition, fatta con vino base secco.

Il millesimato 2019,  da Pinot gris (62%), Pinot auxerrois (35%) e Chardonnay (3%), sta 7 mesi in cuvée, e, dopo il tiraggio, 18 mesi sui lieviti. Ne deriva un Crémant di buona struttura e acidità, in cui gli aromi di frutta matura, pesca gialla, nespola si avvicendano con la frutta secca, nocciola e mandorla, che nel finale piuttosto lungo e persistente lascia l’impronta.

Louis Bouillot  - Crémant de Bourgogne Vintage Éminent "Perle Rare" 2017

Alla fine del lungo peregrinare, ci riavviciniamo alla zona che per contiguità geografica è piu vicina alla Champagne.

Prodotti fin dall’inizio del XIX secolo soprattutto nelle zone a nord e a sud, fino al Beaujolais, è nel 1975 che viene ratificata l’apposita AOC.

Grande pianificazione delle regole attinenti al disciplinare di produzione, a partire dalle uve ammesse, divise in due categorie, per ordine d’importanza: nella prima rientrano i fondamentali Chardonnay e Pinot noir, affiancati, in percentuali minori da Pinot bianco e Pinot gris. Nella seconda Gamay, Aligoté, Melon e Sacy.

Che il Crémant sia questione seria lo dimostra anche la nascita dell’Union des Producteurs et Elaborateurs de Crémant de Bourgogne (UPEC), associazione di categoria in cui sono convogliati tutti gli attori che concorrono alla produzione, distribuzione e vendita, che nel 2013 ha stabilito un nuovo sistema di classificazione  per il metodo classico qui prodotto: al Crémant de Bourgogne AOC, per cui è previsto affinamento minimo di 9 mesi, si aggiungono le menzioni Éminent e Grand Éminent, che estendono la sosta sur lattes rispettivamente a 24 e 36 mesi, e introducono ulteriori norme di vinificazione e immissione al commercio a tutela della menzione più prestigiosa.  

La maison Louis Bouillot produce esclusivamente Crémant, con l’abnegazione e la dedizione di solito riservata ai grandi rossi in quel di Nuits-Saint-Georges.

Il millesimato Perle Rare rappresenta la punta di diamante di una gamma piuttosto vasta: Chardonnay (42%), Pinot Noir (35%), Aligoté (15%), Gamay (8%), provenienti da parcelle sparse in tutta la Borgogna, ha affinamento minimo di 36 mesi sui lieviti e dosaggio di 8 gr/l. Fresco, floreale e con buon frutto al naso, che si apre con fiori d’acacia, passa alla mela golden per arrivare a  soffuse note minerali di pietra focaia e pane tostato. Armonia di bocca ideale, il sorso è pieno e di buona potenza e persistenza.

Ci si sente, all’uscita di questa lunga degustazione, come chi è riuscito a mettere insieme pezzi diversi fino all’incastro perfetto: probabilmente chiunque dei presenti aveva già bevuto un Crémant di qualche regione francese, probabilmente l’aveva apprezzato.

Ma quanti di noi avevano un quadro d’insieme così preciso come quello delineato da Aldo Mussio che, con abilità, ha composto un mosaico di vini diversi, per provenienza e uvaggio, accomunati solo dal metodo di produzione e, soprattutto, dall’essere eternamente considerati come il parente senza titoli del re dei vini, e ci ha restituito una visione d’insieme unica e chiara?.

Sentenziava la scrittrice George Sand “Lo champagne aiuta la meraviglia”: stasera potremmo estendere la considerazione, e a ragione ben veduta, anche ai nostri, ormai amatissimi, Crémant francesi.

Valentina Pizzino
Valentina Pizzino

Nata a Firenze da una famiglia di astemi, non ha mai dubitato che nelle sue vene scorresse Chianti Classico. Lavora fra i libri, ma gli scaffali che preferisce sono quelli delle enoteche. Il suo centro di gravità permanente è sempre ruotato attorno a una bottiglia.

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