Agnanum: i Campi Flegrei nel bicchiere

“Agnanum”: Lello Moccia e i suoi vini
Antefatto
Castellammare di Stabia, 28 dicembre mattina. “Martin, che fai?” “Luigi, nel pomeriggio parto!” “E dai, facciamoci prima un giro insieme” “Che proponi?” “Chiamo Raffaele “Lello” Moccia, andiamo a trovarlo…”. E come facevo a dire di no?
Luigi è un caro amico stabiese, Raffaele Moccia è il cuore di Agnanum, azienda che produce vino ai Campi Flegrei, sulle storiche colline vulcaniche del Parco Naturale degli Astroni.
Un affare di famiglia
Lo chiamiamo, Lello è in vigna a potare, ma ci aspetta volentieri. Quando arriva, capisci subito con chi stai parlando: forbici al fianco e “a me piace stare là fuori, qui dentro che ci faccio? Della cantina lascio che se ne occupi mio figlio…” Agnanum è un’azienda familiare: il padre di Lello, 85 anni, ancora dà una mano, poi ci sono le nuove generazioni. “Qui abbiamo sempre fatto questo: mio padre, mio nonno, il mio bisnonno… in vigna abbiamo piante che l’enologo ci ha stimato tra i 150 e i 200 anni”. Il terreno sabbioso e vulcanico ha fatto sì che qui la fillossera non facesse danni. La decisione di imbottigliare è recente, poco più di una decina d’anni, prima il vino veniva venduto sfuso, e tempi addietro pare fosse molto ambito tra i “mediatori” della zona che se lo giocavano a sorte.
Vignaiolo, geologo, ingegnere...
Lello fa il vignaiolo, ma dovrebbero dargli almeno una laurea in geologia e una in ingegneria honoris causa. Mi fa una lezione di “geologia di vigna flegrea” competente e appassionante. Qui c’è la sabbia nera, poi ceneri e lapilli vulcanici, poi ancora uno strato di sabbia che a causa della pressione si compatta e puoi quasi tagliare a fette, poi uno strato non gradito alla radice della vite. A seconda della dimensione di questi strati, le radici vanno a cercarsi l’acqua fino ad anche dieci metri, ci dice Lello. Perché è anche “vutecaro”, cioè creatore di “voteche”, terrazzamenti tondi che seguono il fianco della collina: ed è un arte, bisogna saper calcolare pendenze e sapere dove passano i rivoli d’acqua che si creano quando piove. “Ingegneria a suon di zappa”, come la definisce lui stesso.
“Ma chi te lo fa fare?”
Del resto le vigne di Agnanum sono tutte arrampicate sulla collina, e il lavoro è tutto a mano. “Per ogni ettaro che coltivo io, in pianura ne coltiverei quindici, nello stesso tempo”. Per non parlare delle rese per ettaro:”in pianura qui intorno ragionano di centinaia di quintali per ettaro: io ne faccio trenta, massimo quaranta”. Più fatica, meno resa… Lello ma chi te lo fa fare? “Quando il mio vino piace, io sono contento, e trovo il vero motivo per tutta questa fatica”. Quando parliamo di posti con rese altissime e lavoro meccanizzato, ride: “lì sì che si fanno i soldi, se non ti interessa la qualità”.
“Ora proviamo a rifare i blend”
Lello vuole farci assaggiare i vini 2015, quelli che stanno ancora in autoclave. “Ora proviamo a rifare i blend”, e con un bicchiere preleva ad occhio il vino dalle varie autoclavi che andranno a comporre l’assemblaggio finale. Assemblaggio non di uve, ovviamente, solo di “contenitori diversi”. La Falanghina 2015 è già uno spettacolo: erbette, fiori, albicocca, su un tappeto di mineralità e sapidità. “Sono ad un chilometro e mezzo dal mare, ma il vento arriva fin qui, in vigna lo sento il sale in faccia”. Sarà suggestione, ma noi lo sentiamo nel bicchiere. Scordatevi in ogni caso le sfacciate falanghine del Sannio, qui è tutto delicato, anche la bocca, più morbida che tagliente.
La stessa operazione la fa con il Piedirosso 2015, anzi “o per’e’ palumm”, come si chiama da queste parti. Lampone, rosa, soprattutto anche qui tanta mineralità e spezie. In bocca una bella freschezza che invita a berlo e riberlo. ”E come si sente il pepe!”, esclama mio padre. Mi sa che sono diventato contagioso, fino a poco tempo fa beveva e basta…
I vini, le viti, i vitigni
Ad Agnanum si coltivano Falanghina e Piedirosso, per l’appunto. Piante vecchie, di oltre 50 anni, con rese basse, che anche in questo caso vuol dire qualità. Agnanum produce due falanghine, il base e il “Vigna del Pino”, passato in legno, e due piedirosso, anche qui il base e il “Vigna delle Volpi” che fa legno. E’ stato quest’ultimo che ha portato quest’anno i vini di Raffaele a Firenze per la presentazione dei vini d’eccellenza della guida Espresso (occasione nella quale noi sommelier Fisar abbiamo fatto servizio). Anche qui marasca, pepe e un affumicato di brace che torna sempre nel piedirosso di punta di Raffaele. Bocca minerale e bella freschezza anche qui.
Ci sono poi due “blend” a base Falanghina (il bianco) e Piedirosso (il rosso), che però contengono anche le uve degli altri vitigni presenti in vigna: Raffaele ce ne elenca di poco conosciuti e rari, storici della zona. “Avevo le piante in vigna, alcune hanno più di cent’anni, non me la sono sentita di toccarle”. Ci racconta della pergola puteolana (un sistema che fa crescere la vite allungando i capi a frutto di palo in palo):”Il piede della vite è qua, l’uva la raccogli 50 metri più in là. Mi ci starebbero un sacco di piante, ma pazienza, è bella così”.
La sala degustazione
Stiamo per andare via, ma Lello ci tiene a mostrarci l’ultima cosa:”venite, vi faccio vedere la sala degustazione!” (in effetti finora eravamo stati all’aperto o direttamente in cantina).
Bella, con i tavoloni, in fondo una brace enorme. “Qui ci viene qualche volta qualche gruppetto di appassionati in visita. Allora mentre facciamo un giro in vigna, mio figlio fa la brace, poi ci sono i nostri conigli (è l’altra attività dell’azienda), e allora poi ci mettiamo qua a degustare i vini”. Bene, a questo punto dobbiamo fare il gruppetto: chi viene con me?
Nota finale: questo articolo non sarebbe esistito senza l’amicizia di Luigi Delle Rose, che ha insistito a portarmi in “gita”, e che ha subito chiamato Lello. Sento il dovere di ringraziarlo pubblicamente.
Martin Rance
Nessuno sa come si pronunci il cognome. Segno distintivo, la curiosità: quella per il mondo del vino l'ha portato alla Fisar, che l'ha trasformata in passione. Corrente "bianchista", vivrebbe di champagne e fiano. Appassionato di didattica: la trasmissione del sapere arricchisce tutti.
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